Sunday, December 24, 2006

Ci siamo quasi...



    La compagnia al completo vi augura un Natale Pazura!

Friday, December 22, 2006

Pazuraschauung



    Ore sette e trenta: l’ape è servito.

    Non si bevono drink, si fanno gli ape. I primi sono da loser anglofilo (vale lo stesso per chi dice trend, step, brand, claim etc.), i secondi sono da milanese che ottimizza e quindi verbalizza solo il minimo indispensabile.
    Il mio amico Pat è come al solito ingessato. Nel senso che porta un abito da carcerato di lusso, fattura-sartoriale-bottoni-sempre3, mai cinque o peggio sei, roba da calciatore. La riga bianca è leggera, vietate le strisce modello autostrada. Riesce a non sembrare un mafioso, assomiglia solo a quello che è, un libero professionista. Pat è anche l'inventore del termine "Pazura", che è più di un semplice concetto. È una visione del mondo. Una Pazuraschauung che si esprime attraverso linee di condotta specifiche, modi di dire, scelte musicali e cinematografiche, passioni artistiche, sportive etc.
All’interno di un processo interattivo attuato mediante comunicazione verbale, il termine può assumere differenti significati.
Esempi:
    1. “Ciao, pazura!” (focalizzate la vostra attenzione sulla zeta). Si intende “sono felice di vederti”. Ma il tono è tutto. Se si produce un lieve slittamento sulla lettera “u” il concetto vira in quella che potremmo definire una presa per il culo.
    2. “Sandali pazura!”. La fanciulla a cui è rivolto il complimento indossa un paio di scarpe assassine (a punta, tacco oltre i sette centimetri). In un luogo pubblico, la presenza di calzature dalle caratteristiche sopra citate, viene valutata attraverso la scala T.d.S., ovvero il Tasso di Sandalismo. Non conta tanto la quantità, ma le qualità degli oggetti in esame.
    3. “Pazura”. È un sussurro solitario che non richiede altre parole, virgole o puntini. Esprime godimento, rilassatezza, benessere psicofisico, empatia con il regno animale, vegetale e il cosmo tutto. Viene pronunciata soprattutto in posizione orizzontale, in totale assenza di attività, fatta eccezione per il mantenimento dell’omeostasi corporea.

    Il termine pazura ha subito varie storpiature. Paz, per quando si è di fretta e negli sms, che richiedono una certa capacità di sintesi. Pazurici, quando ci si rivolge a due o più persone. Pazurella, poco amato perché un po’ lezioso. Pazurissimo, mai pronunciato, in quanto un tale stordimento estatico è inimmaginabile.

    Non vi tedio con ulteriori dettagli... A proposito di noia, il concetto si esprime con la parola Teresa. Non è una persona, ma la contrazione di “non mi interessa” che diviene “nteressa” con successiva soppressione della “n” e caduta di una “s”.

Thursday, December 21, 2006

A volte ritornano



    Esiste un posto in cui riposano tutti gli accendini del mondo? Un luogo colorato da miriadi di bic dalle scritte improbabili?

    Dove cavolo sono finiti tutti quelli che ho perso?
    E non posso dare la colpa soltanto ai tabagisti cleptomani, quelli che “Ah… era tuo”, detto nell’istante in cui la mano/tasca/borsa sta fagocitando il tuo bic. Dove li mettono gli accendini che rubano di continuo? Forse il loro appartamento ne è invaso: hanno mensole di accendini, tavoli di accendini e si cibano di gas di accendino. Una casa calda e accogliente, insomma.

    Una volta ho perso pure un copriaccendino in quasi argento (quasi perché pareva in tutto e per tutto argento, tranne che per il prezzo). Chincaglieria prêt-a-porte comprata in vacanza, il tipico oggetto di cui non hai bisogno, almeno non per la funzione pratica per cui è stato pensato. Sono cose che hanno una valenza sensoriale e funzionano meglio di una fotografia: si portano appresso il profumo di un posto, l’eco di una risata...
    Comunque. Una sera, in un locale, ho chiesto a un tizio se mi faceva accendere ed eccolo lì, inconfondibile: quasi argento, quasi scintillante, quasi intonso se non per quel graffio (procurato su un tavolo di granito in una serata troppo alcolica per badare alla prossemica e alla delicatezza dei gesti).
    Ne deduco che i copriaccendino non si perdono. Si spostano.

    Se perdi qualcosa non la cercare, diceva il saggio, e la cosa tornerà da te. Se perdi qualcosa chiedi da accendere, dico io, magari non troverai quello che cerchi, ma come minimo ci guadagni un accendino.

Wednesday, December 20, 2006

Fortuna



Martedì
Bar di Tracky
Ore 19, 37 minuti e 41 secondi

Lex, umore molesto, litiga con l’oliva dentro al Martini. Intanto Tracky decora tartine di pâté con noci e mandorle.
Tracky: “Giornataccia?”
Lex (sbuffa, punzecchiando l’oliva come fosse una bambolina voodoo): “Sì, a essere ottimisti. A essere sinceri, giornata di merda.”
Tracky: “Il capo?”
Lex: “È vivo, purtroppo…”. Sorriso di Tracky, mentre affetta cubetti di formaggio con precisione chirurgica. “Sì, il capo. Quella strega, isterica, cerebrolesa e incompetente”.
Tracky: “Dai che sei già stata fortunata… rischiavi di rimanere a casa per mesi e ti sei trovata un posto in un lampo”.
Lex: “Secondo te qual è la più grande fortuna nella vita?”
Tracky (sistema quattro tipi di marmellate e due di miele accanto al formaggio): “Fare il lavoro che ti piace?”
Lex (bevendo l'ultimo goccio di Martini): “Saperlo fare bene.”

Monday, December 18, 2006

Oiro, il feminixmo e le sckarpe



    Se qualcuna si è bevuta la fiaba della buona notte che racconta di una principessa che trova lavoro e il capo è sì, maschio, ma non ci prova, e il collega, maschio, non le guarda le scarpe cercando al contempo di farle le suddette, quella donna non è Oiro*.

    Ogni battaglia richiede l’armatura opportuna. Per Orio spada e scudo si fondono in un unico indumento: copripiedi atti al camminamento e alla difesa personale. Dotate di suola sottile, ingentilite da fiocchi e nastri, proposte in svariati tessuti, pellami e materiali tecnici nelle nuance biscotto e pastello. Le ballerine, insomma, considerate dall’AMdG (associazione mondiale dei ginecologi) come il più efficace tra gli anticoncezionali. Quando una donna le indossa è al sicuro da ogni pericolo: può sfoggiare un abito sexy, un tailleur scollato o una gonna con spacco. Perché, tecnicamente, è come se sopra portasse un paio di mutandoni in flanella color rosa porcello. Infatti, l’uomo-collega o il maschio-capobranco, osservando gli abiti (che per lui valgono quanto un invito e la promessa che sarà accettato), perderà concentrazione e trasformerà a livello cerebrale le informazioni che da lei provengono in un magmatico “bla bla”. Poi, di colpo, le di lui pupille scivoleranno lungo le ginocchia, accarezzeranno le caviglie e si schianteranno al suolo, sotto la sottile tomaia delle ballerine. Atterrito e raggelato, recupererà autocontrollo e concentrazione, cancellerà ogni pensiero lussurioso (per almeno settanta secondi) e in quel breve spazio di lucidità ascolterà le informazioni, produrrà delle risposte. Molto rapidamente, poi, abbandonerà il terreno di battaglia e si rifugerà oltre le barricate nel suo ufficio, dietro la scrivania.

    * Oiro è stata pluripromossa, sotto di lei un equipe di uomini. Nel suo armadio un plotone di ballerine attende la chiamata alle armi. Ah, è anche fidanzata (ma dalle 18:01 indossa solo tacchi del dodici).

Sunday, December 17, 2006

Autoconsapevolezza




    “Io sono mio”
    Questa è stata la prima frase di senso compiuto pronunciata (sette giorni fa) da un bambino di due anni guardando sua madre dritto negli occhi con - a quanto dice lei - un certo disappunto. Ecco un esempio di conflitto generazionale precox.

    (Non si tratta di leggenda urbana. Conosco il bambino, conosco la madre, conosco anche l’analista dalla quale lei è in cura da sei giorni).

Il mondo in una stanza




    Il mio amico Tracky ha un bar. Un minuscolo bar.
    Se qualcuno volesse fare il pignolo direbbe che è un corridoio lungo e stretto con un bancone e delle panche. Però nessuno di quelli che si trovano a passare di lì (o a incastrarsi da quelle parti) lo ha mai pensato.
    Il bar di Tracky è un mondo: oltre la porta spazio temporale al di sotto dell’insegna (alcuni lo chiamano ingresso, ma sarebbe diminutivo) trovi quello di cui hai bisogno: una faccia amica, il cocktail giusto al momento giusto, patatine (quelle piccanti che ti annientano la lingua e ti permettono, nei momenti di magra, di nutrirti di carton gesso convincendoti che è filetto di manzo di scottona). Si fanno discorsi stupidi, ma illuminati. Seri, ma mai scontati. Trovi sempre qualcuno pronto a prenderti per il culo (è gratis, come il canone rai… scusate, mi dicono dalla regia che il canone rai non è gratis) o a consolarti quando sei di buon umore.
    Tracky ti cura i malanni a suon di battute, e quando sei colto da “perdita di senso” ti regala un buon mal di testa alcolico per farti dimenticare il psicologico e impattare con il terreno.
Tanto lì c’è sempre qualcuno che ti raccoglie e rincolla i pezzi, ma in modo più creativo.